“Il nuovo umanesimo europeo di Francesco”

martedì 20 febbraio 18.00-19.30

La denominazione “nuovo umanesimo europeo” è di Papa Francesco ed è contenuta nel discorso per il conferimento del premio Carlo Magno. L’umanesimo ha segnato la storia dell’Europa: dall’umanesimo classico (Pico della Mirandola ed Erasmo da Rotterdam) ai vari umanesimi, fino a quello integrale, di cui abbiamo detto la scorsa volta.

Tanto per dare una radice e una motivazione fondamentale al nuovo umanesimo europeo, è bello partire dall’affermazione fatta dal papa in “Evangeli Gaudium” e cioè il fatto che l’origine della crisi generale che il mondo attraversa è di carattere antropologico. C’è uno scritto del papa (il testo di una sua conferenza sull’antropologia politica), in cui afferma che l’antropologia (lo studio della condizione umana) è per sua natura politica, cioè destinata alla poleis. L’antropologia si sviluppa e ha senso se riferita alla città: non è individualistica ma comunitaria. La crisi antropologica è la negazione del primato dell’essere umano e l’affermazione del primato del denaro. Se la crisi è antropologica, la risposta che può risolvere questa crisi è un nuovo umanesimo, che superi l’individualismo che divide e che conduca al personalismo che condivide. L’umanesimo di cui parliamo è un umanesimo cristiano.

Papa Francesco, in occasione del suo discorso al parlamento europeo del 25 novembre 2014, a Strasburgo, ricorda che all’origine dell’Unione Europea vi era un progetto ambizioso: i padri fondatori hanno concepito l’Europa centrata sull’uomo, le sue radici sono nella centralità dell’uomo, non inteso come cittadino né come soggetto economico, ma come persona dotata di “dignità trascendente”. Vediamo il rapporto tra dignità e trascendenza.

La parola dignità è strettamente connessa con il contesto di ripresa sociale del secondo dopoguerra in cui è cresciuta la rivendicazione dei diritti umani e si è affermata l’irripetibilità della singola persona umana. Ogni persona umana è un unicum irripetibile, di singolare natura. La dignità nasce dal fatto che non ci sono copie tra le persone, tutti sono degli originali irripetibili. Ciò che non facciamo noi non lo farà più nessuno. Quindi la dignità è legata al fatto che la persona è unica e irripetibile. Questo porta alla consapevolezza di essere titolari di diritti totali (Rosmini direbbe che la persona è diritto sussistente). L’essere persona costituisce la titolarità dei diritti. La nostra costituzione usa il verbo “riconoscere” in riferimento ai diritti, il che implica che i diritti preesistono allo Stato perché sono nella persona stessa. Nelle democrazie, lo Stato è successivo ai diritti e si costituisce in funzione della persona; il primo atto che compie è riconoscerne la dignità della persona umana e il fatto che ciascuno è titolare di diritti totali.

Il papa si interroga sul misconoscimento e sulla negazione persistente dei diritti fondamentali e fa riferimento alle tragedie del mondo che nascono dal misconoscimento della dignità della persona. Il papa, dunque, richiama all’impegno di riconoscere la dignità della persona, cioè all’impegno di riconoscere che la persona detiene diritti inalienabili di cui non può essere privata da nessuno.

Il termine trascendenza fa appello alla natura spirituale dell’uomo e alla coscienza che permette di distinguere il bene dal male. La trascendenza richiama il fatto che l’uomo non è un assoluto ma un essere relazionale. Perché trascendenza vuol dire che l’uomo è un essere relazionale? La tradizione del personalismo afferma che la persona è principio di relazione. Tutto il contrario indica il termine individuo, dal latino individuus e indivisum, cioè non separabile, divisibile, condivisibile: l’individuo è principio di esclusione.

Il papa in questo discorso ricorre a un’immagine: la Scuola di Atene, l’affresco con Platone e Aristotele di Raffaello Sanzio. Questo affresco mi suggerisce, dice il papa, un’interpretazione: Platone ha il dito verso l’alto e verso il cielo; Aristotele ha la mano protesa verso il basso e verso la terra. Il papa dice che il cielo è l’apertura trascendente dell’umanesimo, che si apre a Dio, e che la terra è l’aspetto immanente dell’umanesimo, la sua concretezza pratica, che si riferisce all’uomo. Ecco dunque riassunti i caratteri della “dignità trascendente” della persona.

Nel discorso per il conferimento del premio Carlo Magno, il papa fa un accorato appello all’Europa stanca e invecchiata, perché ritrovi le sue origini e si riconosca nell’umanesimo che ha qualificato la sua storia.  Il papa parla di una “trasfusione di memoria”. La memoria è generatrice di speranza e ci permette di non commettere gli stessi errori del passato. Il papa chiede di aggiornare l’idea di Europa, dando vita a un nuovo umanesimo basato su tre capacità:  di integrare, di dialogare e di generare.

La capacità di integrare: il papa ricorda che l’Europa ha una identità plurale e multiculturale, frutto della combinazione di culture diverse. L’identità dell’Europa è plasmata dal cristianesimo, grande mediatore (come dice Rosmini), capace di combinare culture diverse: la grecitas (il cui tratto peculiare è la kalokagathia), la latinitas (il cui tratto principale è l’humanitas), e la germanitas (vale a dire la cultura dei barbari). I barbari sono quelli che non hanno i nostri costumi (Rosmini, nella filosofia del diritto, attribuisce ai barbari l’aver introdotto lo spirito familiare). La differenza tra le conquiste romane e quelle greche risiedeva nel fatto che Roma integrava la cultura dei nuovi popoli, al contrario della Grecia che imponeva ai vari popoli la propria cultura. L’Impero Romano è modello di integrazione continua. L’Europa deve riscoprire la capacità di integrare tutti quei nuovi popoli che bussano alle sue porte. Il criterio per fare ciò è la solidarietà. Siamo invitati a promuovere un’integrazione che trova nella solidarietà il modo in cui fare le cose, il modo in cui costruire la storia.

La capacità di dialogare: l’importanza del dialogo va ripetuta con costanza, senza mai stancarsi, perché ci permette di riconoscere l’altro. È una cultura da inserire in ogni forma di curriculum scolastico. Anche l’intercultura è, stando alle direttive del ministero, una forma di sapere trasversale a tutte le discipline. Il papa dice di armare la nostra gente con la cultura del dialogo e dell’incontro. Il termine armare è usato anche nell’espressione, usata dal papa, “disarmare i cuori”. La cultura è da elaborare per guardare avanti.

La capacità di generare: il dialogo e tutto ciò che esso comporta ci ricorda che nessuno può limitarsi a essere spettatore né mero osservatore. Tutti, dal più piccolo al più grande, sono parte attiva nella costruzione di una società integrata e riconciliata. Questa cultura è possibile se tutti partecipiamo alla sua elaborazione e costruzione. Ecco che allora il papa afferma: Con la mente e con il cuore, con speranza e senza vane nostalgie, come un figlio che ritrova nella madre Europa le sue radici di vita e di fede, sogno un nuovo umanesimo europeo, «un costante cammino di umanizzazione», cui servono «memoria, coraggio, sana e umana utopia». Da qui l’importanza di umanizzare la democrazia.