Giubileo della Cultura: 19 Ottobre 2016

Sentirsi chiamati a condividere le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dell’umanità.

Per una cultura della Misericordia, oltre la globalizzazione dell'indifferenza. Saluto iniziale di don Antonio Rubino, Vicario Episcopale per la Pastorale della Cultura

Sento il dovere di porgere, all’inizio di questo momento di preghiera, ascolto e riflessione, un deferente saluto alle autorità presenti, ai rappresentanti delle varie realtà culturali del territorio
Jonico, a quanti hanno accettato di offrire la loro professionalità per la realizzazione di quest’appuntamento: l’Orchestra della Magna Grecia, la Compagnia teatrale, il Coro Paisiello, gli alunni dell’Istituto Archimede: vi ringrazio tutti, a nome del nostro Pastore, per aver accettato, così numerosi ed entusiasti, di vivere insieme il Giubileo della Cultura.
La Chiesa Cattolica sta vivendo, in questo periodo, il Giubileo straordinario della Misericordia indetto da papa Francesco: iniziato l’8 dicembre 2015, terminerà il 20 novembre prossimo.
Un Anno Santo straordinario, quello che ci è stato proposto, per rinnovare alla Chiesa la consapevolezza di essere presente nel mondo quale dispensatrice della misericordia di Dio, riscoprendo in questo ruolo, sempre di più, la coscienza di dover dialogare col mondo, aprendosi a ogni uomo.
Anche la nostra Chiesa locale di Taranto in questo tempo privilegiato, guidata da S.E. mons. Filippo Santoro, ha scandito con numerosi appuntamenti il suo desiderio di incontrare tutti, per
annunciare il vangelo della Misericordia a tutti. Il nostro incontro di questa sera rientra tra le tante iniziative di celebrazione del Giubileo e in qualche modo le comprende tutte e le sviluppa ulteriormente.
Con il termine Cultura, infatti, secondo un importante documento del Concilio, la Costituzione Gaudium et Spes, “si vogliono indicare tutti quei mezzi con i quali l’uomo affina e sviluppa le molteplici capacità della sua anima e del suo corpo; procura di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita sociale, sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l’andar del tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni spirituali, affinché possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il genere umano” (Gs, 53).
In questa affermazione rientra la tradizione culturale della terra Jonica per cui anche noi siamo stati alimentati dai principi religiosi ed etici del cattolicesimo, di cui troviamo traccia nel nostro territorio ma, anche, nel linguaggio comune della nostra gente. “Cosi dalle usanze tradizionali si forma il patrimonio proprio di ciascun gruppo umano; così pure si costituisce l’ambiente storicamente definito in cui ogni uomo, di qualsiasi stirpe ed epoca, s’inserisce, e da cui attinge i beni che gli consentono di promuovere la civiltà” (Gs 53).
Questo è un processo sempre aperto, che va sviluppato continuamente soprattutto in riferimento alla vita della nostra Città, oggi segnata da antiche e nuove difficoltà e bisognosa di aprirsi ad un orizzonte ulteriore di speranza.
Il tema che l’Arcivescovo ha desiderato fissare al nostro appuntamento è: Per una cultura della Misericordia, oltre la globalizzazione dell’indifferenza. La Misericordia è, infatti, l’oggetto dell’anno straordinario che stiamo vivendo, essa per essere compresa nel suo vero significato, non la si può separare da una rinnovata pratica della giustizia sociale, per modificare le situazioni di disuguaglianza e di povertà, conducendo tutti a un livello dignitoso di vita.
Paolo VI, nel discorso conclusivo del Concilio, e Papa Francesco oggi, indicano a tutti noi quale paradigma, per una rinnovata presenza nel mondo, l’antica storia del Samaritano, che  ascolteremo nel brano del Vangelo. Gli uomini e le donne di oggi devono sentirsi chiamati a condividere le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dell’umanità, dei poveri, soprattutto, e di tutti quelli che soffrono (cfr Gs, 1).
La mancanza di un’equa agenda sociale e di un’educazione alla cittadinanza responsabile genera disuguaglianze e povertà, conduce a forme illegali di occupazione, favorisce lo sfruttamento, colpendo in particolare le donne e i minori. Agli imprenditori, ai datori di lavoro, agli amministratori pubblici, agli uomini di pensiero e di scienza, ma anche a tutti noi, l’antica storia del samaritano deve costituire un’inquietante provocazione.
La cultura dello scarto, che papa Francesco non si stanca di denunciare, non è un’inevitabile fatalità, ma è prodotta da un modello economico e sociale fondato sul profitto, come unico criterio di sviluppo e di crescita. Da questa cultura sono esclusi, in modo particolare, i giovani e gli anziani, cioè la speranza del futuro e la memoria del passato, fattori di sviluppo integrale per qualsiasi società.
Ai cristiani la vicenda esemplare del Samaritano offre la bontà, come virtù di fare il bene, e la compassione, come misericordia, disponibilità a patire con gli altri e a dare il cuore alle accresciute
miserie del nostro tempo.
Questo nostro appuntamento, che si svolge quasi al termine del Giubileo straordinario, è un invito rivolto a tutti a prendersi cura, secondo le attività lavorative di ciascuno, del dolore e della sofferenza degli altri con un amore operoso.
Grazie a tutti.

Don antonio rubino
Vicario Episcopale per la Cultura.