Il tema di questo incontro è: “L’educazione delle nuove generazioni alla convivenza sociale”. Il paragrafo 220 dell’“Evangeli Gaudium” ci ricorda: In ogni nazione, gli abitanti sviluppano la dimensione sociale della loro vita configurandosi come cittadini responsabili in seno ad un popolo, non come massa trascinata dalle forze dominanti. Ricordiamo che «l’essere fedele cittadino è una virtù e la partecipazione alla vita politica è un’obbligazione morale». Ma diventare un popolo è qualcosa di più, e richiede un costante processo nel quale ogni nuova generazione si vede coinvolta. E’ un lavoro lento e arduo che esige di volersi integrare e di imparare a farlo fino a sviluppare una cultura dell’incontro in una pluriforme armonia.
Relazione di Raffaella Carenza. Il 25 marzo 2019, nel giorno della festa dell’Annunciazione, nella Santa Casa di Loreto, il Papa ha firmato l’esortazione apostolica post-sinodale “Christus vivit“. Con questo documento, Papa Francesco porta a compimento con l’autorevolezza del successore di Pietro, il cammino sinodale da lui stesso avviato nell’ottobre 2016, quando ha annunciato il tema della XV Assemblea Generale Ordinaria:” I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. “ Christus vivit, è frutto del lungo cammino di ascolto e analisi della realtà giovanile. Nove capitoli, 299 paragrafi, in cui si è cercato di assumere le istanze dei giovani di tutto il mondo. Il documento, scritto sotto forma di lettera in cui il papa si rivolge ai giovani dando a ciascuno del ‘tu’, parte da tre verità fondamentali: «Dio ti ama», «Cristo ti salva», «Egli vive!». Vengono affrontate numerose sfide tra cui quella ad essere protagonisti impegnati in prima persona in una Chiesa sinodale, il rapporto con gli anziani, il mondo digitale, gli abusi, il tema delle migrazioni, l’affettività, il discernimento della vocazione. Un aspetto interessante dell’Esortazione Apostolica è il suo titolo: Christus Vivit. Il messaggio che il Papa vuole trasmettere ai giovani e a tutti noi è che Gesù non appartiene solo al passato, ma anche al presente e al futuro, perché Egli è l’eterno vivente. Al tempo stesso, aggiunge Papa Francesco, Gesù domanda a tutti gli uomini, in particolare ai giovani, di essere a loro volta “vivi”, cioè persone che accolgono fino in fondo il dono della vita e lo fanno fruttificare nell’amore. Inoltre l’Esortazione ha una caratterizzazione mariana, ben evidenziata dalla scelta simbolica del Santo Padre di firmare il documento a Loreto, nella casa di Maria, nel giorno proprio dell’Annunciazione del Signore. Maria, la ragazza di Nazaret, è additata dal documento come il grande modello per una Chiesa giovane che vuole seguire Cristo con freschezza e docilità. Al suo “si” giovanile fa eco il “si” di tanti altri santi giovani. Il quinto capitolo dell’Esortazione, da me analizzato, traccia alcuni “percorsi di gioventù”, individuando nella giovinezza “un tempo di sogni e scelte”, caratterizzato dalla voglia di vivere e sperimentare. La crescita e la maturazione devono nutrirsi di fraternità, impegno fattivo e testimonianza missionaria coraggiosa. In questo capitolo, il papa si interroga su che cosa cambia sulla via della giovinezza quando essa è illuminata dal Vangelo. Quali sono gli elementi di questo cammino? Francesco procede offrendo spunti di riflessione, come se desse i punti degli esercizi spirituali. Il suo discorso non è certo un trattato accademico, ma si tratta di un testo che deve nutrire il lettore, dando indicazioni per la meditazione spirituale ed esistenziale. La giovinezza per il papa è un dono di Dio, è una gioia, è un momento prezioso. Questo dono può essere sprecato inutilmente oppure essere vissuto pienamente. La giovinezza è intesa come l’età del sogno. Bergoglio, riflette inoltre, sul fatto che l’incontro con il Signore fa crescere le persone e fa maturare i sogni, che altrimenti resterebbero astratti. La fede infatti apre le persone alla responsabilità: questo è il punto. Il Papa, analizza la parola “inquietudine” e ritiene che essa riassuma molte delle aspirazioni dei cuori dei giovani. E’ il motore della crescita perché apre il cuore e lo mantiene aperto, ma poi questa condizione non resta indeterminata: deve condurre a fare scelte. Molto bella è l’espressione del Papa quando scrive che i giovani vogliono “ volare con i piedi “, questo perché sono sempre pronti a partire, con forza e speranza. Certo, crescere fa paura, si vorrebbe restare sempre bambini…si può essere intimoriti dal dover fare scelte importanti. Ma la giovinezza non può restare un “tempo sospeso“, perché è “l’età delle scelte“. Il giovane è abbastanza “folle” da poter ingannare se stesso, ma ha pure risorse sufficienti per poter essere curato dalla delusione che può derivarne e così andare avanti. Quindi il cammino del giovane è molto sbilanciato verso il futuro e ha le energie necessarie per controbilanciare le delusioni della storia. Il problema può essere l’ansia, una tentazione che spesso può fare brutti scherzi. Questa infatti può diventare una grande nemica, può scoraggiare e allontanare dal realizzare i propri sogni. I giovani pertanto non devono aver fretta, non devono arrendersi o demoralizzarsi quando incontrano delle difficoltà. E’ importante aver pazienza e speranza. Inoltre, non bisogna bloccarsi a causa dell’insicurezza o aver paura di rischiare e commettere errori. Il Papa, infatti, esorta i giovani a non limitarsi ad osservare la vita dal “balcone” e a non passare il tempo davanti ad uno schermo. I giovani devono farsi sentire, devono vivere. Soprattutto non devono privare la loro giovinezza dell’amicizia con Gesù che dà pienezza al loro essere giovani. Per il Papa, grazie agli amici, il Signore ci aiuta a maturare. La presenza degli amici al nostro fianco nei momenti difficili è un riflesso dell’affetto del Signore, della Sua consolazione, della Sua presenza gentile. Avere amici, insegna ad aprirci, a lasciare il nostro isolamento, a condividere la nostra vita. Ed è questa la forma privilegiata del rapporto di un giovane con Cristo: non l’esteriorità di una adesione intellettuale, ma la preziosa intimità dell’amicizia. “ Non conoscerai la vera pienezza dell’essere giovane, se non vivi l’amicizia con Gesù”. Il Papa con queste parole ci ricorda che Gesù è l’amico vero, colui che non abbandona mai e che anche se a volte sembra restare in silenzio…è sempre al nostro fianco. Anche Gesù chiede a noi di non abbandonarlo:” Rimanete in Me e io in voi ” , ma se ci allontaniamo, “ Egli rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso “. L’amicizia con Gesù è indissolubile perché Lui non ci abbandona mai e così come con l’amico «parliamo, condividiamo anche le cose più segrete, con Gesù pure conversiamo»: pregando. La preghiera ci permette di confidargli qualsiasi cosa, di aprire il nostro cuore a Lui. Il Papa, nel capitolo, parla di crescita e di maturazione, indica cioè l’importanza di cercare «uno sviluppo spirituale», di «cercare il Signore e custodire la sua Parola», di mantenere «la “connessione” con Gesù… perché non crescerai nella felicità e nella santità solo con le tue forze e la tua mente». Crescere nelle virtù rende forti i cuori dei giovani. Anche l’adulto deve maturare senza perdere i valori della gioventù: crescere «vuol dire conservare e alimentare le cose più preziose che ti regala la giovinezza, ma nello stesso tempo significa essere aperti a purificare ciò che non è buono». Il Papa inoltre dice che non si diventa santi copiando gli altri ma è necessario capire sé stessi e sviluppare un modo personale di essere santo. Ecco quindi che il Papa propone dei percorsi di fraternità per vivere la fede, ricordando che lo Spirito Santo vuole spingerci ad uscire da noi stessi, ad abbracciare gli altri… Nel paragrafo intitolato proprio, “Percorsi di Fraternità”, il Papa ci dice: “La tua crescita spirituale si esprime soprattutto nell’amore fraterno, generoso, misericordioso”. Il Papa vuole invitarci ad uscire da noi stessi per cercare il bene degli altri. Fin dall’inizio del catechismo ci viene spiegato il comandamento di Gesù “Amerai il tuo prossimo come te stesso” e ci dicono di riconoscere Dio nel volto del prossimo. Lo sappiamo tutti. Ma viverlo realmente è tutt’altra cosa. Per questo il Papa ci ricorda che dobbiamo “uscire da noi stessi per riconoscere la bellezza nascosta in ogni essere umano, la sua dignità, la sua grandezza come immagine di Dio e figlio del Padre”. Dobbiamo farci carico dei volti che incontriamo ogni giorno. Questo può essere difficile, pertanto non dobbiamo pensare di farcela da soli. Neanche Gesù era solo. Per questo Papa Francesco ribadisce che “è sempre meglio vivere la fede insieme ed esprimere il nostro amore in una vita comunitaria, condividendo con altri giovani il nostro affetto, il nostro tempo, la nostra fede e le nostre inquietudini”. Insieme è più facile e più bello. Il Papa parla poi dei giovani impegnati, che possono correre “il rischio di chiudersi in piccoli gruppi”. Invita i ragazzi quindi a vivere l’impegno sociale a contatto con i poveri e ad essere protagonisti del cambiamento verso una civiltà più giusta e fraterna. Li esorta a farsi “missionari coraggiosi”, testimoniando ovunque il Vangelo con la propria vita, andando anche controcorrente. Francesco vuole incoraggiare i giovani a lottare per il bene comune, ad essere servitori dei poveri, ad essere aperti alla carità e quindi lontani dalla realtà consumista e superficiale. I giovani, inoltre, devono testimoniare agli altri la forza che Gesù ci dà. Come diceva S. Paolo: “Guai a me se non annuncio il Vangelo”, così i giovani con il loro entusiasmo devono essere gli strumenti del Signore e portare ovunque la gioia del Vangelo.
Relazione di Stefania Labbruzzo. Il tema dell’educazione è strettamente connesso con quello della democrazia. Già John Dewey, filosofo e pedagogista negli Stati Uniti, aveva sottolineato il legame inscindibile tra educazione e democrazia. L’educazione è un processo di vita, sempre relativo alla vita reale e concreta. L’educazione deve portare a un atteggiamento critico e riflessivo, deve spronare chiunque a pensare con la propria testa, deve far fare esperienza e deve generare conoscenza. Educare alla democrazia non vuol dire soltanto studiare educazione civica a scuola, ma vuol dire sperimentare e toccare con mano un modo di vivere democratico. L’educazione democratica deve riuscire a far confrontare tutti sui valori, sui modi di vivere e sulle scelte di ogni giorno. Ciò sarà possibile solo trovando un perfetto equilibrio tra le prerogative individuali e le esigenze della società. Inoltre, sarà indispensabile avere il coraggio di andare contro corrente ed essere decisi a proporre un cambiamento quando necessario. Bisogna educare la democrazia. È questo quanto afferma Alexis de Tocqueville, filosofo nonché precursore della sociologia in Francia. La democrazia va educata per correggerne i difetti e per esaltarne i pregi. Citando le sue parole, l’educazione della democrazia permetterà di “rianimare le sue fedi e regolare i suoi movimenti”. Bisogna scegliere se educare alle regole o se educare ai valori. L’educazione alle regole (propria della politica) comporta una democrazia dei mezzi, strumentale, in cui prevale il fare; l’educazione ai valori (propria della pedagogia politica) implica una democrazia dei fini, ideologica , in cui emerge l’essere. Antonio Rosmini, filosofo e teologo italiano, che ormai ben conosciamo, è maestro e guida saggia per dirimere la questione. Egli sostiene che sarà necessario “usare i mezzi opportuni a un fine onesto”. Ecco perché la via consigliata è sempre quella della prudenza, che oltre a essere una delle virtù cardinali (insieme con giustizia, fortezza e temperanza), è l’atteggiamento tipico del saggio e del previdente. La prudenza è la retta norma dell’azione, come scriveva San Tommaso. Ma è anche valutazione di ciò che è bene per l’uomo, come sosteneva Aristotele.
Queste due sintesi ci aiutano a capire l’idea di “giovani” del Papa; i giovani sono portatori di futuro. Il Papa parla del passato, della storia e della tradizione, tre elementi rappresentati dagli anziani, quest’ultimi sono legati ai giovani, i quali rappresentano il futuro. Il percorso educativo e la relazione educativa tra generazioni è reciproca, anche i giovani possono educare gli anziani. Educare non riguarda le buone maniere, l’educazione è il processo di crescita del soggetto che deve andare oltre se stesso per dare valore a se stesso. Jacques Martin dice che l’educazione è il processo attraverso il quale noi diventiamo ciò che siamo. Può sembrare un paradosso: c’è un processo deontologico radicato nell’ontologia del soggetto. L’ontologia studia le cose come sono. La deontologia studia le cose come devono essere. La deontologia realizza ciò che siamo in potenza (concretizzando l’atto). Nella potenza c’è già l’atto. La parola educazione deriva dal latino e vuol dire “portar fuori”, portar fuori la potenzialità e renderla atto, azione. C’è un codice genetico fisico e naturale, il nostro tracciato di vita, il genoma, ma esiste un codice genetico anche spirituale. Noi non finiamo mai di educarci, tutta la vita è tempo di educazione. L’uomo nasce e muore incompiuto. Noi siamo incompiuti rispetto a una perfezione assoluta, propria solo di Dio, ma possiamo aspirare alla compiutezza rispetto a una perfezione relativa, che ci spinga a fare sempre meglio.
Ciascuno di noi sviluppa la dimensione sociale, come ricorda il paragrafo 220 dell’“Evangeli Gaudium”. L’uomo è un animale sociale, come diceva Aristotele. Sviluppare tale dimensione sociale vuol dire crescere nella relazione con gli altri e con lo Stato. La fraternità, che la modernità ci ha negato, diventa la terza regola della democrazia. Educare alla democrazia vuol dire educare alla libertà, all’uguaglianza e al sentimento della fraternità (il sentimento è la facoltà dei sensi per Rosmini). La fraternità è la virtù percettiva della democrazia, è il modo di relazionarsi concretamente con gli altri. La fraternità è la relazione che stabilisce un’etica del comportamento; il Papa riassume l’idea di fraternità con la Parabola del Buon Samaritano: prendersi cura fisicamente del fratello trascurato dagli uomini della Chiesa di allora, ma accolto dal fratello straniero. La democrazia è la convivenza sociale, come ricorda il Papa. La democrazia è un processo che va coltivato, curato e educato perché sviluppi sempre meglio le sue potenzialità.
È necessario, come ricorda Alexis de Tocqueville, rianimare le fedi, purificare i costumi e regolare i movimenti. La democrazia non è un processo spontaneo, ma un processo da regolare (non solo da parte della politica): l’educazione e la sensibilizzazione, tutti i soggetti sociali, possono rianimare le fedi della democrazia; tutti, in particolare i magistrati, sono chiamati a purificarne i costumi, facendone emergere gli errori e le colpe per correggerli, esercitando la giustizia, sanzionando la corruzione, condannando la mancata osservanza delle leggi (costume corrotto si riferisce a chiunque non rispetta la legge, chi non paga le tasse, chi chiude un occhio e occulta); tutti, infine, devono regolarne i movimenti e guidare la democrazia stessa sulla retta via. Dovremmo interrogarci sull’essenza della democrazia. Amartya Sen, grande economista indiano, parla dei modelli democratici differenti da quelli occidentali, in riferimento all’economia. Quali sono i confini della democrazia? Questo dovrebbe essere il tema da trattare in parlamento ogni qual volta si propone una riforma costituzionale. Dare una regola ai movimenti implica avere sempre il riferimento a un valore. Bisogna trovare un giusto compromesso tra regole e valori. La democrazia è un sistema plurale. Così come si concima un terreno con piante diverse, così bisogna curare la democrazia in tutti i suoi aspetti.
Gli adulti sono i primi responsabili della diseducazione dei giovani. Se tutti gli adulti a una cena usano il cellulare, è normale che i bambini facciano lo stesso. La famiglia è definita de Cicerone il luogo dove si semina la vita democratica, seminarium rei publicae. Gli adulti devono essere, dunque, i primi responsabili dell’educazione dei giovani (e non solo della loro diseducazione). I giovani vanno educati alla fraternità. Quella fraternità che Papa Francesco considera come una componente della democrazia. Il grande contributo del Papa è quello di aver fatto della fraternità una vera e propria categoria politica. La democrazia è incompleta se non c’è la fraternità.
Il paragrafo 299 dell’ esortazione apostolica post-sinodale “Christus vivit” afferma: Cari giovani, sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte «attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci».
[1] CONFERENZA DEI VESCOVI CATTOLICI DEGLI STATI UNITI, Lettera pastorale Forming Consciences for Faithful Citizenship (novembre 2007), 13.