Inizio dal ricordare che la traduzione latina di “pellegrini di speranza” è molto più significativa: “peregrinantes in spem”. L’avverbio “in” regge l’accusativo e, allora, non è un complemento di stato in luogo, ma è un complemento di moto a luogo. Indica la tensione, il movimento, la dinamica dello spirito verso la speranza. E rende molto più dell’italiano, perché, sebbene la speranza debba essere posseduta dai cristiani in quanto virtù teologale, essa va sempre coltivata e alimentata, in quanto dono di grazia e contributo alla nostra fragile natura umana.
Il tema generale ci riporta alla Lettera a Diogneto. Con una frase ardua, ardita e suggestiva, in un passaggio di questa lettera si dice: “come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani”. Questo è il tema di questa sera. A Costantinopoli, nel 1436, un giovane umanista italiano capita in una pescheria e trova un manoscritto di 260 pagine, con alcune opere apologetiche (di difesa del cristianesimo) e una di queste è la Lettera a Diogneto. La prima edizione è del 1592. Era un manoscritto destinato ad avvolgere il pesce per venderlo e, fortunatamente, questo giovane umanista lo ha sottratto alla distruzione. È una sorta di momento provvidenziale, che ci ha consegnato uno dei testi più densi della letteratura cristiana antica. La lettera è rivolta a Diogneto. Gli Atti degli Apostoli, scritti da San Luca, sono rivolti a Teofilo. Nella prassi letteraria antica, gli scritti e i componimenti erano rivolti a personaggi reali o immaginari. Teofilo vuol dire “amante di Dio”. Diogneto è un personaggio probabilmente esistito e alcuni studiosi pensano che il riferimento sia a Marco Aurelio, il quale aveva Diogneto tra i suoi nomi. Altri hanno pensato a un console di Alessandria e altri ancora hanno fatto altre supposizioni. Di sicuro ci si riferisce a un pagano, che si interroga sul modo di vivere dei cristiani. Il testo appartiene a un autore ignoto. È una storia affascinante di come i testi antichi arrivino a noi per dono provvidenziale.
La lettera è articolata in due parti, secondo un’impostazione classica: una prima parte destruens e una seconda construens. La prima parte è dedicata a contrastare le opinioni degli avversari; invece, la seconda espone i pensieri dell’autore. La pars destruens è rivolta al paganesimo e cerca di spiegare perché i cristiani non adorano gli dèi pagani, andando contro l’idolatria, ma è anche rivolta al mondo ebraico e fa capire che il cristianesimo è il superamento dell’ebraismo, anzi è il perfezionamento dell’ebraismo. La pars construens dice in cosa i cristiani credono e, nei capitoli quinto e sesto, parla dei cristiani nel mondo.
Questa parte la leggiamo con gli occhi e il cuore di Papa Bergoglio. Nella prefazione a un libro il Papa ha affermato che l’identità cristiana è un’identità in tensione. L’ermeneutica di Bergoglio, cioè il suo metodo interpretativo, è ripresa da Romano Guardini. Questo teologo italo-tedesco, dal quale Bergoglio dipende molto, muove dalla constatazione delle rotture e dei conflitti che travagliano l’uomo moderno. Se alcuni pensatori ritengono insanabili tali conflitti, Guardini elabora la teoria della polarità, come struttura duale della realtà, che non è monoliticamente disegnata su un unico aspetto. La realtà bipolare si presenta con una struttura che va esplorata. Tenendo conto dell’opposizione reciproca dei due poli, bisogna cercare di arrivare a una soluzione. Per Bergoglio, il concetto di tensione indica sempre una bipolarità, che definisce se stessa e che deve risolversi, non in una sintesi (mettere insieme le due cose) e neppure nell’annullamento di un polo nell’altro (escludere una delle due cose), ma deve risolversi su un piano superiore, in cui restano attive le virtualità degli elementi propri di ciascuna polarità in tensione. La tensione rimane, si tratta della dinamica di procedere andando oltre continuamente. Le categorie antinomiche oppositive che Bergoglio prende da Guardini e rielabora sono: identità/ diversità, convergenza/ divergenza, conformità/ difformità, afferenza/ differenza. Questi termini sembrano contraddirsi, in realtà sono solo opposti. È un’opposizione conflittuale, ma non riconducibile a un conflitto insanabile, è un conflitto da risolvere.
Bergoglio vede nei capitoli quinto e sesto della Lettera a Diogneto una continua enunciazione di polarità oppositive. Il cristiano che è descritto è un cristiano che vive tra queste due polarità oppositive. Il cristiano vive sulla terra, ma è già cittadino del cielo: questa è la prima polarità per eccellenza. Il testo enuncia questa duplice condizione in modo preciso. Il capitolo quinto inizia così: “1. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. 3. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. 4. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale”. La vita cristiana è paradossale (fuori dall’opinione corrente): i cristiani si conformano, ma hanno un modo di pensare diverso. Ecco la polarità oppositiva, la loro diversità è costitutiva della loro stessa identità.
Il testo continua, nella sua parte più interessante: “5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. 8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 9. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo.” Si richiama Sant’Agostino, il quale afferma che tutta l’umanità è sempre stata travagliata dal vivere secondo la carne o secondo lo spirito, secondo una concezione materiale o spirituale della vita. Per Agostino, chi vive secondo la carne vive senza Dio, chi vive secondo lo spirito è con Dio.
E ancora: “12. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. 14. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. 15. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. 16. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita”.
E proseguendo: “1. A dirla in breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. 2. L’anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. 3. L’anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. 4. L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile”.
Allora, per concludere, le polarità si possono ridurre a: terra/ cielo, materiale/ spirituale, immanenza o incarnazione/ trascendenza, azione/ contemplazione. Gesù ha unito umanità e divinità in una sola persona, noi viviamo nella nostra persona, in radicamento alla terra e in vocazione a trascendere verso il cielo. Identità e diversità: questa è la polarità principale. Ai nostri giorni è un tema molto attuale, perché le società moderne, come esito della contemporaneità, si caratterizzano per una pluralità e una molteplice diversità di pensiero e religione. Il cristiano è la provocazione a confrontare la sua identità con queste diversità, non per contrastarle, ma per alimentare la sua tensione e permettere di risolvere su un piano superiore questo rapporto, non annullando la sua diversità e non assorbendo quella degli altri.
L’anima e il corpo. I nostri organi sono distinti, ma non sono separati. Anima e corpo sono distinti, ma non separati. La vocazione cristiana è quella di mettere lo spirito nella materia. Ciò che l’anima è per il corpo, i cristiani lo sono per il mondo. L’anima è il principio di vita che alimenta e rende possibile il corpo. La razionalità, che è la forma più alta di espressione dello spirito, è dentro un cervello, che è la parte materiale, nonché condizione di espressione dello stesso. Dunque, il confine tra anima e corpo c’è in quanto distinzione, ma non c’è in quanto separazione.
Il cristiano e il mondo. Il cristiano deve vivere nel mondo, con chi è diverso da lui. Bisogna vivere con chi non la pensa come noi: questa è la fatica del cristiano. Non dobbiamo fare solo proselitismo, dobbiamo mostrare la genuinità del Vangelo e attrarre gli altri, con tutte le difficoltà che ciò comporta.