L’Anno della Fede, che tra poco si apre e che vogliamo accogliere con gratitudine come dono del Signore, sollecita ogni credente non solo ad approfondire la speranza che lo abita, e quindi a renderne ragione al mondo, ma anche a vivere con semplicità e purezza di cuore la propria quotidianità, affidandola alle mani sicure del Padre che è nei cieli.
Il santo Padre Benedetto XVI, indicendo questo particolare anno, ci ha ricordato che «la “porta della fede” (cfr. At 14,27), che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa, è sempre aperta per noi».1
L’immagine della porta nella sacra Scrittura simboleggia il reciproco avvicinamento tra Dio e l’uomo: da un lato infatti l’uomo anela alla comunione con il suo Creatore, dall’altro il Padre, attraverso il Figlio Gesù, «porta delle pecore» (Gv 10,7), bussa alla porta del nostro cuore e chiede che essa si spalanchi alla grazia (cfr. Ap 3,20). Questa dialettica di invocazione-risposta e di rivelazione-adesione costituisce la dinamica stessa della fede, che si qualifica essenzialmente come incontro. Come ha ribadito ancora il Papa nella sua prima Enciclica, «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte, e con ciò la direzione decisiva» (Deus caritas est, 1).
Tale dinamica di incontro avviene per ogni cristiano principalmente nell’azione liturgica. È qui che si spalanca la porta del cielo, e l’uomo è reso partecipe della vita divina. In questo anno della fede sono quindi benvenuti tutti quegli studi che ci aiutano a penetrare con maggior rigore nell’intelligenza del mistero celebrato.
Il saggio di Antonio Rubino si inserisce tra queste opportunità che il teologo e il pastore potranno gustare per l’originalità e la profondità delle riflessioni proposte. Il volume infatti mantiene sullo sfondo le istanze dell’Anno della fede e gli orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio in corso, dedicati al tema dell’educazione. E come non ribadire qui che il luogo princeps dell’educazione cristiana è proprio la liturgia? Nella celebrazione liturgica il cristiano “prende forma”: progressivamente tras-formato da ciò che celebra, si con-forma sempre di più al mistero della fede, che nella vita di ogni giorno diventa per lui sequela del Vangelo.
La celebrazione liturgica è dunque mistagogia. Non solo un metodo di catechesi tra i tanti, ma cammino assolutamente privilegiato che introduce nel mistero, e che coniuga in mirabile sintesi lex orandi, lex credendi e lex vivendi.
Dalla lettura di questo saggio ciascuno saprà trarre cose antiche e cose nuove, e soprattutto potrà scoprire la ricchezza del mistero celebrato, il suo legame con la vita della Chiesa e con la sua missione di proclamare al mondo il primato di Dio; ma anche la continua necessità di essere formati alla liturgia, perché la sua degna celebrazione possa risplendere come proclamazione della fede e anticipo del suo compimento. La liturgia cristiana infatti «è una liturgia in cammino, una liturgia di pellegrinaggio verso la trasformazione del mondo, che sarà compiuta, quando Dio sarà “tutto in tutti”».2
+ Enrico dal Covolo,
Vescovo tit. di Eraclea,
Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense
Laterano, 8 settembre 2012,
Natività della Beata Vergine Maria.
1 BENEDETTO XVI, Lettera apostolica in forma di Motu proprio Porta fidei, n. 1, in “Il Regno – Documenti” 66 (2011), 577-582.
2 J. RATZINGER, Teologia della liturgia. La fondazione sacramentale dell’esistenza cristiana, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010 [Opera omnia, XI], 61.