Nuovo Dialogo, 18 gennaio 2013

Liturgia, diakonia mistagogica. Il libro di don Antonio Rubino

Presentazione il 24 in arcivescovado, con il cardinale Grech e l'arcivescovo, che ha curato la postfazione: "La vita cristiana è celebrativa della fede ed operative delle verità credute"

Giovedì 24 alle ore 18 nel salone dell’arcivescovado don Antonio Rubino, vicario episcopale per la cultura , presenterà il suo libro “La liturgia. Una diakonia mistagogica” (Libreria Editrice Vaticana). Interverranno, oltre all’autore, il cardinale Prospero Grech, l’arcivescovo mons. Filippo Santoro e il responsabile editoriale della Liberia Editrice Vaticana, padre Edmondo A. Caruana (carmelitano).

Mons. Santoro sottolinea uno dei pregi maggiori di questo studio: “il richiamo alla circolarità di relazione tra lex orandi, la lex credendi e la lex vivendi, per sostenere che la Liturgia non è una semplice ritualizzazione del Mistero e che la vita cristiana è nello stesso tempo celebrativa della fede ed operativa delle verità credute”.

La funzione pedagogica della Liturgia, evidenzia ancora, costituisce un invito a ripensare le modalità delle stesse catechesi liturgica ed a finalizzare l’istruzione religiosa alla partecipazione consapevole e responsabile dei nostri fedeli al Mistero pasquale. Infatti, lo stesso, calendario delle grandi festività, mentre celebra Cristo nella sua vicenda di morte e di risurrezione, interpella i tempi della nostra vita, segnati dalla precarietà e dalla mortalità, ma abitati già dalla salvezza del Risorto. L’Anno della Fede indetto da Benedetto XVI e gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 invitano a fare della fede la ragione della nostra speranza, nell’incontro che si rinnova in ogni celebrazione eucaristica con la persona di Cristo.

Si legge ancora nella prefazione che la novità dell’incontro con Cristo muove diversamente ciascuno di noi e genera un modo diverso di vivere la famiglia, il lavoro, la professione e tutta l’esistenza perché ci apre alla grandezza della vita cristiana. Perciò l’esperienza della fede ci spingerà alla carità, cioè ad una presenza amorevole nei diversi ambiti di vita quotidiana, valorizzando le risorse naturali, le competenze di tutti e le diversità di cui è ricca la nostra società multiculturale.

“Già i Padri del IV secolo -riferisce mons. Santoro- proponevano la funzione mistagogica come risposta cristiana alle attese, alle urgenze, ai cambiamenti culturali del loro tempo. Anche per noi, segnati dal travaglio della postmodernità e dall’insorgenza di nuovi orizzonti culturali, talvolta incapaci di trascendenza e di appello divino, quella risposta conserva una sua validità, perchè -come riferisce don Antonio- ‘traspira la sapienza teologica, la Sacra Pagina meditata e tradotta nel vissuto ecclesiale, la spiritualità liturgico-sacramentaria più profonda e più semplice, l’azione catechistica-pastorale dalla presa proficua sulle persone dei fedeli’. Infatti, la comunicazione mistagogica intende rivelare l’azione del Signore che si manifesta in varie forme, ma vuole anche sollecitare il fedele a percepire la stretta relazione tra l’ars celebrandi e l’actuosa participatio. E come afferma san Leone Magno, siamo chiamati a conformare la nostra vita alla dignità dei Misteri celebrati”.

L’osservazione delle vicende che si svolgono intorno a noi -continua l’arcivescovo- rende consapevoli, innanzitutto noi Pastori, che oggi non basta più deplorare o denunciare le brutture del nostro mondo. Non basta neppure, per la nostra epoca disincantata, parlare di giustizia, di doveri, di bene comune, di programmi pastorali, di esigenze evangeliche. È tempo, piuttosto, di parlare con un cuore carico di amore compassionevole, facendo esperienza di quella carità che dona con gioia e suscita entusiasmo; è tempo di irradiare la bellezza di ciò che è vero e giusto nella vita, perché solo questa bellezza rapisce veramente i cuori e li rivolge a Dio. È, dunque, tempo di comunicare ciò che Pietro aveva capito dinanzi a Gesù trasfigurato quando esclamò: ‘Signore è bello per noi restare qui’ (Mt 17,4)”.

“Perciò -conclude mons. Santoro- siamo convinti che, nelle diverse situazioni di prova della vita e della storia, è bello vivere questo nostro tempo, che pur ci appare così pieno di cose brutte e laceranti, cercando di interpretarlo nei suoi enigmi dolorosi e inquietanti. È bello cercare nella storia i segni dell’Amore Trinitario; è bello seguire Gesù e amare la sua Chiesa; è bello leggere il mondo e la nostra vita alla luce della Croce; è bello dare la vita per i fratelli! È bello scommettere la propria esistenza su Colui che non solo è la verità in persona, che non solo è il bene più grande, ma è anche il solo che ci rivela la bellezza divina di cui il nostro cuore -come attesta S. Agostino- ha profonda nostalgia e insieme bisogno”.

Angelo Diofano