Il tema di questi sera è:“La remissione dei debiti, per la pace del mondo”. La vita cristiana è un cammino di speranza e il Giubileo, che è stato indetto nel solco del cammino della speranza, è un momento particolare della vita cristiana, la quale è caratterizzata da momenti forti che evidenziano questa virtù teologale. Il Giubileo lo consideriamo in questa prospettiva, come un momento scandito da segni e gesti particolari, tra questi la remissione e il condono dei debiti, che si colloca perfettamente all’interno del programma del Giubileo. La parola condono è ormai banalizzata dalla prassi politica. Subito si va all’idea del condono fiscale, in realtà il termine ci rinvia alla parola perdono. Non è una concessione o un atto permissivo, è un dono, è per-dono. È interessante la sottile distinzione tra condono e perdono: il condono è operare con il senso del dono, il perdono è agire per il senso del dono. Il significato originario del termine è questo.
La Giornata Mondiale della Pace di quest’anno ha come tema: “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace”. Per una lettura più attenta e analitica, analizziamo insieme il messaggio del Papa. Nella prima parte del documento il Papa ricorda il significato del Giubileo. Nel 2025 la Chiesa Cattolica celebra il Giubileo, evento che riempie i cuori di speranza. Il ‘Giubileo’ risale a un’antica tradizione giudaica, quando il suono di un corno di ariete (in ebraico yobel) ogni quarantanove anni ne annunciava uno di clemenza e liberazione per tutto il popolo (cfr Lv 25,10). Questo appello aveva come intenzione quella di raggiungere il mondo intero, al fine di ristabilire la giustizia di Dio in diversi ambiti della vita. Rispetto agli altri Giubilei, e a quello della tradizione ebraica, quello di quest’anno è posto dal Papa sotto il segno di una diversa convocazione. Non è il corno d’ariete che chiama, ma è il grido della terra ferita che ci convoca e che si rivolge all’umanità, che a sua volta vive questa condizione di sofferenza nel mondo. Al posto del corno, all’inizio di quest’Anno di Grazia, noi vorremmo metterci in ascolto del «grido disperato di aiuto» che, come la voce del sangue di Abele il giusto, si leva da più parti della terra (cfr Gen 4,10) e che Dio non smette mai di ascoltare.
Sin dalla bolla di indizione del Giubileo, “Spes non confundit” (espressione tratta da un passo di San Paolo nella Lettera ai Romani), ci rendiamo conto dell’ampiezza di prospettiva presente già in quel documento. Il Papa riprende ora, in modo quasi ripetitivo, gli stessi temi, con un senso di maggiore apertura. Nella bolla di indizione, il Papa, ai paragrafi 16 e 17, dedica un accenno alla fondazione teologica dei suoi appelli perché fa riferimento alla Sacra Scrittura e al Salmo 24 dice, “Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti”. I beni della terra sono destinati a tutti. Il magistero della Chiesa parla di destinazione universale dei beni. È un principio fondamentale della dottrina sociale. Il Papa rivolge un invito accorato alle Nazioni più benestanti, perché riconoscano la gravità di tante decisioni prese e stabiliscano di condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli. Ma che tipo di debito è quello di cui parla il Papa? Riprendendo l’appello lanciato da S. Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo dell’anno 2000, nella Lettera Apostolica “Tertio millennio adveniente”, il Papa invita a pensare a una «consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale, che pesa sul destino di molte Nazioni». Si introducono così nuove regole per un indebitamento sostenibile.
Papa Francesco introduce anche il concetto di debito ecologico. Riconoscendo il debito ecologico, i Paesi più benestanti si sentano chiamati a far di tutto per condonare i debiti di quei Paesi che non sono nella condizione di ripagare quanto devono. Nella Lettera Enciclica “Laudato si’”, il Papa ne aveva già parlato, ma ora riprende il concetto. Il debito ecologico si viene a creare per lo sfruttamento della terra e l’appropriazione delle risorse che la terra contiene, creando una situazione di espropriazione nei confronti dei poveri e di appropriazione indebita da parte dei ricchi, alterando l’assetto del territorio e saccheggiando la terra. Il Papa parla dello squilibrio commerciale dei beni della terra e di un consumo estremo di quelle che sono le risorse naturali. Negli anni Settanta del secolo scorso, il gruppo di Roma che faceva capo a Peccei aveva elaborato un documento dal titolo “I limiti dello sviluppo”. Di fronte a una concezione che allora si andava proponendo, questi studiosi dicevano che l’uso delle risorse è limitato. Nel 2050 i Paesi poveri e quelli dell’Occidente benestante avranno problemi di approvvigionamento idrico, perché c’è uso spropositato dell’acqua. I Paesi poveri sono maggiormente penalizzati e sono i primi a subire le conseguenze di questa crisi ma il debito ecologico riguarda tutti noi. Il cambiamento climatico e l’assenza dell’idea del limite possono creare numerosi problemi. Tutto è limitato, a partire dalla nostra natura. Non si può consumare tutto senza che coloro con meno disponibilità non subiscano danni. Il consumo porta a situazioni complesse per lo smaltimento dei rifiuti e per l’inquinamento ambientale. In questi anni è cresciuta la quantità di rifiuti e lo sfruttamento delle risorse. Il limite oltre il quale non si dovrebbe andare, noi l’abbiamo già superato da tempo. «C’è infatti un vero debito ecologico, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi». Il debito tra il Nord e il Sud del mondo è ben evidente. I Paesi che hanno più risorse hanno meno beni. Non c’è un cambio proporzionale tra la risorsa che viene presa e il bene che non ritorna al Paese che registra gravi perdite. Pensiamo al petrolio: i Paesi che hanno molto petrolio sono i Paesi più poveri; ci sono le multinazionali che estraggono petrolio, ma le raffinerie e gli stabilimenti di lavorazione si trovano nei Paesi sviluppati. I beni di ritorno delle risorse prelevate sono sproporzionati in minore quantità rispetto alle risorse.
Per rendere il condono permanente e non sporadico, il Papa dice che c’è bisogno di una nuova “architettura finanziaria”, un nuovo modo di gestire la finanza. La finanza è la produzione di ricchezza senza lavoro. L’economia è produzione di ricchezza con il lavoro. La finanza è il meccanismo perverso che crea soldi con i soldi. Il mondo è in mano alla finanza. Il tema del lavoro per i giovani è moto delicato. I giovani influencer utilizzano la tecnologia che, oggi, è la mano operativa della finanza. L’amore per lavoro e il desiderio del lavoro, la laboriosità, cioè la capacità di produrre e di creare manufatti (fatti con mano), non in senso fisico, ma nel senso di usare la fatica delle proprie mani, tutto questo diventa secondario e superfluo per la finanza, che non ha bisogno né di manufatti né di laboriosità. Il mondo occidentale, la Russia e la Cina hanno colonizzato l’Africa attraverso la finanza. L’invito del Papa è quello di creare una Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli. Il Giubileo è un evento di persone, che dovrebbe responsabilizzare le Nazioni, ma i nostri comportamenti, in che modo sono collegati al gesto del condono? Quest’ultimo riguarda solo i Paesi ricchi verso i Paesi poveri oppure interessa anche noi?
La cultura religiosa ebraica distingueva due tipi di Giubileo: uno ogni sette anni, quando ricorreva l’anno sabbatico (Esodo 23, 10-11) e uno ogni quarantanove anni, il cinquantesimo, quando si celebrava l’anno giubilare (Levitico 25, 8-11). Sette è il numero della pienezza e della totalità nella Bibbia: i giorni della creazione (Dio ha creato il cosmo, il bello, il buono, la perfezione), i bracci del candelabro ebraico, i giorni che Noè aspetta per liberare gli animali, l’espressione di Gesù “settanta volte sette” per dire sempre, i sacramenti e i dolori di Maria. Quindi il sette per gli ebrei è ciò che il tre è per i latini: la perfezione. I Giubilei ebraici avevano una doppia finalità: concedere il perdono di Dio, finalità spirituale, e ripristinare la giustizia di Dio, finalità sociale. La finalità del Giubileo è celebrare la giustizia di Dio, in riferimento alle persone, alle cose e alla terra. Durante il Giubileo ogni cosa tornava al legittimo proprietario e le persone cadute in schiavitù riacquistavano la libertà. Dio è il vero e inalienabile proprietario. L’uomo è un gestore, un affittuario, un inquilino, un custode. Il Giubileo iniziava il 10 del mese di Tishrì, nel giorno dello Yom Kippur, giorno dell’espiazione dei peccati e della riconciliazione, con il proposito di cambiare vita. Ciascuno doveva perdonare le offese e condonare eventuali debiti. Il popolo ebraico faceva questo e anche noi, come loro, dobbiamo perdonare le offese e condonare i debiti. Il perdono dei peccati da parte di Dio ha un senso e un riscontro solo se è accompagnata dal perdono da parte nostra.
Dobbiamo perdonare perché siamo stati perdonati. È questo che diciamo nel Padre Nostro: “Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. ‘Come’ vuol dire ‘nella misura in cui’ risco a farlo io posso sperare nel perdono di Dio. Dio è ricco di misericordia, per questo il nostro cuore si deve aprire alla speranza. Gesù nel Padre Nostro riprende una tradizione del popolo ebraico e introduce la dinamica del perdono propria della cultura ebraica. La funzione sociale non è solo integrativa ma complementare della funzione spirituale. Il condono e il perdono sono strettamente legati all’idea di dono. Marcel Mauss è stato un antropologo che ha scritto il “Saggio sul dono” nel 1924. Il dono implica la cultura della gratuità, che deve superare la società dello scambio. Il capitalismo ha trasferito il sistema economico a quello sociale, portandoci a considerare anche i rapporti sociali come scambi e facendo diventare la società un sistema di scambio. Questa è una posizione da combattere, per tornare ad apprezzare il grande valore della gratuità nelle relazioni sociali.