21 novembre 2017

LETTERA A UNA PROFESSORESSA

Intervento di un alunno dell'Istituto Archimede di Taranto: Zappimbulso Antonio

Cinquant’anni fa, nel maggio del 1967 nasce il testo più noto di don Milani e della sua scuola, Lettera a una professoressa, un libro manifesto del movimento del sessantotto italiano, che vuole essere un testo scritto “per i genitori di quei ragazzi che non arriveranno mai all’università.” La lettera è un invito a organizzarsi, come sostiene la storica Vanessa Roghi, perché la scuola pubblica, così come l’hanno conosciuta i ragazzi di Barbiana, è una scuola per ricchi, per i “Pierini d’Italia”. L’insegnante Adele Corradi, cui era indirizzata la lettera, in un’intervista a La Stampa del 5 agosto 2013, rivela di aver compreso che il punto, per Milani, non era trasmettere conoscenze, ma fornire strumenti. “Chiunque arrivasse a Barbiana era invitato a condividere la propria esperienza”.

Uno dei bersagli di “Lettera ad una professoressa” è l’esclusione che ai suoi tempi la scuola praticava nei confronti degli studenti provenienti dalle classi meno abbienti.

Il libro è dunque il risultato di anni di lavoro e riflessione sulle storture del sistema scolastico italiano e, pur essendo un libro degli anni sessanta, tratta un argomento ancora attuale e di estrema importanza: il tema dell’educazione.

Come non richiamare alla mente ciò che recentemente è accaduto ad una professoressa di Cagliari, la quale ha preso un pugno in faccia da un suo alunno. Quel pugno è il simbolo di un gesto sferrato a ciascuno di noi. In quel gesto c’è un rifiuto, la non condivisione, la rabbia. È un atto di violenza che va compreso nella sua profondità. Circola in rete anche il video di uno studente che per puro sfregio lancia addosso alla professoressa di matematica il cestino dei rifiuti. Il cestino le rimbalza addosso e lei non alza nemmeno la testa, vittima probabilmente di un oltraggio ineluttabile.

Oggi, certamente, la scuola è più inclusiva, infatti la scuola obbligatoria è accessibile a molti ma appare chiaro che, come affermano Carmel Borg e Michael Grech, “nonostante l’istruzione diffusa, non si ha un’educazione più diffusa.”

L’articolo 27 della Costituzione suggerisce di puntare alla “rieducazione” di chi compie un reato non solo alla sua condanna e su questo punto le parole di don Milani risuonano quanto mai profetiche: “Qualche volta viene la tentazione di levarseli da torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati.

Classe 4° O – Operatore della moda e dell’abbigliamento – IISS Archimede Taranto –

Docente: Prof.ssa Viviana De Falco